Probabilmente molti di voi hanno sentito questo termine: il microbiota sta acquistando sempre più importanza nel mondo scientifico per il suo ruolo nel determinare la nostra salute e crescono gli ambiti di ricerca in cui si studia il suo potenziale terapeutico.
In realtà il microbiota, ovvero quella popolazione di batteri, funghi, virus e archea che coabita con noi, è sempre esistito e sempre ha condizionato la nostra salute. Sebbene Ippocrate, quando scrisse “Tutte le malattie originano dall’intestino”, forse non era a conoscenza che dentro di esso vivono decine di trilioni di germi, aveva comunque intuito che quel luogo, l’intestino appunto, avesse un ruolo cruciale nella nostra vita.
Quando si parla di microbiota infatti ci riferiamo spesso, per convenzione, a quello intestinale e non a caso: l’intestino umano presenta infatti la più alta densità di cellule microbiche di ogni altro ecosistema sulla terra.
Non dobbiamo dimenticare però che i germi, in maggior misura batteri, abitano anche la nostra pelle e tutte le nostre mucose interne (come quella polmonare o vaginale) tanto che diventa difficile pensarci in assenza di questi microrganismi (e in effetti non potremmo vivere senza di loro).
Dovremmo iniziare ad allenarci a concepirci invece come un vero e proprio microcosmo, come un piccolo pianeta, il pianeta uomo al cui interno sono ospitate molte specie diverse e in cui coesistono paesaggi differenti.
Sulla pelle umana per esempio ci sono zone più umide, “tropicali”, e lì sono ospitati certi tipi di batteri; altre zone sono più secche e aride e quelle saranno sede di popolazioni batteriche ancora differenti.
Come in un pianeta terra in miniatura, così potremmo iniziare a immaginarci come un ecosistema complesso, di cui noi siamo solo una (piccola per giunta) parte tanto che le scelte che facciamo hanno ripercussione anche sugli abitanti del nostro piccolo pianeta e di conseguenza poi, in un circolo vizioso o virtuoso a seconda di tali scelte, di nuovo su di noi per un principio molto comune in natura che è quello della cooperazione o mutualismo.
La natura ci mostra molti esempi di collaborazione per cui creature diverse vivono insieme scambiando qualcosa in un meccanismo di reciproco vantaggio. Molto studiata ad esempio è la mirmecofilia: alcune piante (fra cui delle bellissime specie di orchidee) ospitano formiche.
Il vantaggio è reciproco: la pianta nutre le formiche producendo un liquido ricco di proteine e grassi, le formiche in cambio offrono protezione da insetti parassiti e danno a loro volta concime alla pianta, con i propri escrementi.
Perché parlare di esempi del genere in una rubrica dedicata all’alimentazione? Perché in realtà piano piano dovremmo incorporare l’idea, seppure difficile anche da immaginare, che quando mangiamo stiamo nutrendo anche una popolazione amica che ci sarà grata e ci darà qualcosa in cambio. La natura ci offre esempi diretti anche di questo: il panda mangia 12 kg di carboidrati al giorno ma non avrebbe gli enzimi per digerirli. È il suo microbiota a farlo per lui.
Vedremo nel dettaglio più avanti quale è il modo più corretto e remunerativo di nutrire il nostro microbiota e anche quali ripercussioni questo comporta per noi.
Iniziamo però a conoscerlo più nel dettaglio: il microbiota intestinale è composto da migliaia di specie batteriche diverse (si stima dal 2000 alle 4000) ma, cosa ancora più importante, questi batteri hanno un DNA e quindi un apparato genomico molto vasto: se i nostri geni sono circa 21000, quelli del mondo microbico che portiamo dentro di noi sono più di 4 milioni.
Il patrimonio genetico del microbiota (che si definisce microbioma) è quindi molto più presente del nostro; esso inoltre è flessibile, dinamico e ha quindi una grande adattabilità.
Questo primo esempio ci fa intuire come il Microbiota abbia molte funzioni. Per capirle meglio possiamo vedere cosa succede in un intestino che non ha germi al suo interno (germ free).
Senza batteri l’intestino perde la sua forma caratteristica, le pareti si appiattiscono e anche la sua motilità è compromessa.
Il sistema immunitario intestinale, che risiede qui per la sua gran parte, diventa meno efficiente: si riscontra un minor numero di linfociti e una maggiore suscettibilità alle infezioni.
Questo testimonia una funzione fondamentale del nostro microbiota ovvero l’allenamento del nostro sistema immunitario. È proprio qui infatti, nei primi anni di vita, che si gioca la partita cruciale di educare il nostro sistema immunitario a riconoscere ciò che può tollerare, il self, e ciò che invece deve attaccare in quanto estraneo. Il microbiota svolge una grande funzione di “allenatore”: i nostri linfociti diventeranno così bravi a tollerare sia i germi intestinali (pur essendo abituati ad aggredire i germi che vengono dall’esterno) sia il cibo, che, pur essendo composto da molecole a noi estranee, viene appunto tollerato in quanto necessario alla nostra sopravvivenza.
Tutto questo è possibile grazie all’azione di un valido ed efficiente microbiota.
Come possiamo garantire un’adeguata composizione del microbiota? Quali sono le fasi essenziali della sua formazione?
I due momenti preziosi sono il passaggio attraverso il canale del parto e l’allattamento: nei primi momenti di vita la madre doterà il cucciolo di un buon apparato microbico, che gli permetterà di destreggiarsi nella giungla del mondo.
Durante l’allattamento, attraverso vari meccanismi, il processo di formazione del microbiota continua: il latte materno è ricco, come nessun altro alimento in natura, di oligosaccaridi, necessari a nutrire il microbiota del bambino. Possiede esso stesso un microbiota, in parte di derivazione da quello intestinale e trasportato in sede dalle cellule dendritiche, in parte modificatosi ad hoc in seguito ai cambiamenti determinati dal travaglio.
Anche in questo caso l’utilizzo di latte artificiale, sebbene possa rivelarsi necessario a volte, potrà essere meno nutriente per il microbiota in formazione: in questa situazione andrà valutato dal professionista l’utilizzo di probiotici o altri presidi per evitare un impoverimento dell’apparato microbico del piccolo neonato.
Oltre alla determinante, come si può intuire, funzione di training immunologico, il microbiota ha moltissime altre funzioni.
È stato definito ad esempio un organo endocrino trascurato; per quanto non ce ne rendiamo conto infatti molte molecole veicolanti messaggi a distanza di vario tipo sono prodotte proprio da alcuni ceppi batterici. Pensiamo a molecole come la serotonina, la dopamina, la noradrenalina o l’istamina: una grande proporzione di esse viene prodotta a livello intestinale, in parte dalle cellule della mucosa ma in gran parte anche dal nostro amico microbiota.
Per finire il microbiota è stato anche chiamato il farmacista dentro di noi: è in grado di metabolizzare farmaci attivandoli o disattivandoli, aumentandone l’efficacia o la tossicità a seconda dei casi. Più accumuliamo queste informazioni e riflettiamo sul suo impatto a vari livelli più ci rendiamo conto di quanto la sua azione sia poliedrica e in gran parte ancora non chiaramente compresa; nello stesso tempo possiamo capire quanto valore possa avere agire modulandolo in senso positivo per le ripercussioni che questo potrebbe avere sia localmente a livello intestinale sia a distanza.
Viene quindi spontaneo chiedersi: in che modo possiamo modularlo? Cosa lo influenza una volta che si è formato nelle prime fasi della vita? Risponderemo a queste domande nel nostro prossimo appuntamento.